lunedì 28 novembre 2011

Tornare a casa

Siamo in camera nel nostro bellissimo hotel di Krivoy Rog. No, nessuna facile ironia: l'hotel Aurora è bello sul serio, dotato di tutti i confort, dalla piscina (non abbiamo pensato a portare i costumi da bagno... com'è possibile?), alla sauna, a un bellissimo bagno, a internet in camera. Come se non bastasse, al ristorante qui sotto si mangia bene pagando un prezzo più che ragionevole.
E' piacevole stare in un posto accogliente, perché venire qui a Krivoy Rog significa, per certi versi, iniziare da capo anche per noi. Nuova città, nuovi punti di riferimento da trovare, nuovo istituto... nuovo tutto.
La città è stranissima: lunga 100 km, senza un centro definito, con le case raccolte intorno a una via principale. Strade larghe, spesso a 3 corsie per senso di marcia. Palazzi, certo, ma lungo i 25 minuti in van che si separano dall'istituto (alla guida Andrej, conoscente di Roman) ci sono anche tante casette singole, con i tetti in eternit e le piante rampicanti, purtroppo spoglie, sulla facciata o lungo il portico. E fabbriche: anche loro lungo la strada, a volte con al centro un'alta torre - uffici?
Questo aspetto un po' bislacco, unito alla novità e al fatto che comunque verso le 16 è buio non ci aiuta ad affezionarci subito a Krivoy Rog, anche se non possiamo dimenticarci di quanto tempo c'è voluto per arrivare non dico ad amare, ma a non detestare troppo Diepreccecc. Alla fine, onestamente, più per quello che c'è successo là che per il posto in sé.
Ma veniamo al punto più importante: l'istituto.
Un po' fuori dalle strade trafficate, a due piani, con un giardino curato e pieno di aiuole. Dentro, meandri che ancora non ci sono del tutto chiari, ma un ambiente a suo modo accogliente, pulito, con un arredamento nuovo.
Ci accoglie, che non sono ancora le 9, la direttrice. Noi ci aspettiamo lunghi discorsi per spiegarle la situazione, e infatti Roman comincia, con lei che annuisce comprensiva. Abbiamo già pensato di chiederle di non portare Tania lì da noi, ma di poterla vedere nel gruppo, in modo da non turbarla troppo.
Ma è inutile fare progetti: la direttrice ha detto appena due parole che... ci giriamo e lei è lì, in piedi davanti a noi, con addosso un vestitino di jeans, il solito ciuffetto e il labbrino di sotto che trema. Piccola.
Ci apprestiamo ad avvicinarci a lei, salutandola, accarezzandole il viso. Proprio mentre sta per iniziare a piangere, il colpo basso: Vuoi una caramella? Annuisce senza parlare ma, appena sfoderiamo il lecca lecca, il momento di crisi è passato.
Le facciamo vedere qualche foto sull'ipod - chissà se si riconosce -, poi iniziamo con l'artiglieria pesante: le nuove pantofole, la collana, i braccialetti. Lei non dice tanto, ma sorride e poi, con una vocina flebile e triste, dice: "Ia haciù grupu", voglio il gruppo dei bimbi.
Gliela portiamo subito, lei fa vedere ai nuovi amici - 6 bambini direi, che nei prossimi giorni potremo conoscere meglio - le sue cose. E' il momento della star: Cicciobellobua, che inizia subito a sgolarsi, nell'interesse generale.
Tania soprattutto è rapita dalle urla del bambinetto biondo. Le faccio vedere che può mettergli il ciuccio, dargli il latte o le medicine col biberon, auscutargli il cuore ma... non è convinta. Sente che c'è altro, di più. E infatti è così: eccola, la siringa per fargli la puntura, ed eccolo, un forellino apposito nel sedere del bambolo. Scoperta: se lo puntura, la creatura piange più forte. Che soddisfazione! Da quel momento in poi, Ciccio non vede altre cure che le iniezioni, praticate con crescente entusiasmo dalla giovane dott.ssa P.
Tania ci sembra serena, tranquilla: magari meno allegra del solito, ma cosa vogliamo, in soli 4 giorni nel nuovo istituto, dopo che le hanno rivoltato la vita come un calzino, e in più arriviamo noi, dopo più di 2 mesi d'assenza?
La piccola si ricorda tutto. Dalle canzoncine ai balletti, dai giochi alle paroline. Ci ha perseguitato dicendo che voleva una banana, fino a quando a merenda non glie l'abbiamo portata, insieme a due mandarini e a un biscotto che ha ingurgitato come se non esistesse un domani. Si è fatta portare in giro in braccio, mentre le cantavo all'orecchio le canzoni che ormai fanno parte della nostra storia.
Non ci sembra vero di averla nuovamente con noi, lei con la sua corsa buffa e il sorriso che deve ancora recuperare del tutto. La vedremo due volte al giorno, dalle 9 alle 11 e dalle 16 alle 17.30, cercando di far tesoro di lei e di darle un po' di quel calore che non possiamo comunicarle, quando siamo in Italia.
Siamo lontani da Portile e dai nostri cari, questo è certo. Ma ormai, dov'è la piccola Taniusha è anche casa nostra.

1 commento:

  1. povera cucciola... tanti cambiamenti tutti in una volta... ma riuscite comunque a riportarle il sorriso. vi pensiamo sempre... un abbraccio da portile!!!!!!! BIBI
    (ci tenevo a scrivere qualcosa perchè papà ha postato un commento solo da parte sua e della mamma.... cattivo papà!!!)

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